Marina Magni

Aula Magni – Manager o consulente finanziario? La scelta di un direttore di filiale

Un direttore di filiali bancarie ha ricevuto da una rete la proposta di entrare come manager e seguire un gruppo di 12 cf. Ora vuole capire meglio come è regolamentato il contratto per i manager.

Dall’inizio del 2022 la rubrica di Marina Magni si arricchisce di uno spazio diretto di confronto con i lettori di Citywire. Scrivete le vostre domande o richieste di approfondimento sulla professione di consulente finanziario a redazione@citywire.it e riceverete, senza conflitti di interessi o logiche di scuderia, i consigli di chi ha svolto questo mestiere per decenni. La redazione di Citywire. 

DOMANDA

Sono un direttore di 3 filiali bancarie e coordino 25 persone. Vista la mia esperienza, una primaria rete mi ha proposto di entrare come manager e seguire un gruppo di 12 consulenti finanziari. Vorrei capire meglio come è regolamentato il contratto per i manager.

RISPOSTA

L’incarico manageriale è accessorio al mandato di agenzia e può essere revocato in qualsiasi momento con un preavviso di 15 giorni. Pertanto non offre grandi tutele e, per questa ragione, deve essere ben chiaro il ruolo che si è chiamati a svolgere in un contesto che non è di dipendenti, ma di liberi professionisti.

Il lettore che ha una significativa esperienza gestionale deve comprendere che non avrà le stesse leve da utilizzare nella gestione delle risorse assegnate. Nelle reti non esiste la direttività, perché si ha a che fare con aziende individuali che perseguono obiettivi personali e che, spesso, sono molto appagati economicamente.

Ciò significa che possono essere “insensibili” a budget imposti dall’alto. La gestione manageriale in una rete è di tipo motivazionale e si basa sulla condivisione e sulla coniugazione tra obiettivi personali dei consulenti e budget che sono assegnati ai manager.

Inoltre, il manager deve essere in grado di fare ciò che fanno i consulenti e, con il proprio supporto, far sì che le risorse coordinate raggiungano risultati che da soli non avrebbero raggiunto.

Suggerisco al lettore di riflettere molto su questa ipotesi di ingaggio, chiedendosi come potrebbe porsi di fronte a un consulente senior che ha un portafoglio di 40/50 milioni, guadagna 300.000 euro l’anno e conosce benissimo l’azienda e tutte le sue procedure. Con quale autorevolezza potrebbe coordinarlo?

Nel mondo delle reti i “gradi” non contano e i consulenti sono giudici severissimi! Al suo posto accetterei l’incarico solo se fossi in grado di trasferire velocemente un portafoglio di almeno 20 milioni oppure se avessi un seguito di persone pronte a seguirmi. A testimoniare la mia competenza e concretezza.

Marina Magni

Aula Magni – Cosa succede se scade la lettera di intenti che riceve un cf

Marina Magni, project manager per Fabbrica delle Professioni (progetto “On boarding”) ed ex Am di Banca Widiba, è columnist di eccezione di Citywire. Ogni due settimane chiarirà gli aspetti più oscuri della professione del consulente finanziario.

Dall’inizio del 2022 la rubrica di Marina Magni si arricchisce di uno spazio diretto di confronto con i lettori di Citywire. Scrivete le vostre domande o richieste di approfondimento sulla professione di consulente finanziario a redazione@citywire.it e riceverete, senza conflitti di interessi o logiche di scuderia, i consigli di chi ha svolto questo mestiere per decenni. La redazione di Citywire.

DOMANDA

Ho ricevuto una Loi da una banca rete che scade tra 30 giorni. Mi hanno detto che se non firmo entro tale data le condizioni potrebbero cambiare. In realtà io ancora non sono pronta per una decisione così importante, cosa devo fare?

RISPOSTA

La Loi di cui parla la lettrice è la Letter Of Intent che regolamenta le condizioni di ingaggio ed integra il mandato di agenzia. E’ un impegno da parte della mandante che non comporta alcun obbligo al ricevente. Il fatto che abbia una scadenza è corretto perché si ipotizza che venga emessa solo nel momento in cui il candidato ha preso la decisione di entrare in quella rete. Purtroppo capita che vengano fatte delle forzature dai reclutatori per indurre un’accelerazione sulla decisione. In molte reti la Loi viene consegnata come bozza senza intestazione, rimandando la consegna della lettera formale al momento in cui è stata definita la data delle dimissioni. Questa è senza dubbio la migliore soluzione. Va da sé che, se passa troppo tempo, le condizioni potrebbero cambiare perché le politiche di incentivazione cambiano, in meglio o in peggio, in funzione degli obiettivi strategici delle società mandanti.

Alla lettrice suggerisco di dichiarare chiaramente ai suoi interlocutori le perplessità che ancora non le consentono di decidere in modo che possano essere affrontate e, le auguro, risolte stabilendo un tempo ragionevole entro il quale confermare la volontà di prendere il mandato. Potrà al contempo chiedere un prolungamento della lettera già emessa oppure limitarsi a non firmarla in attesa di prendere la decisione. Di norma le Loi scadute vengono riemesse con gli stessi contenuti entro 6 mesi dalla prima formulazione.

In ogni caso è meglio rischiare qualche modifica, che non sarà mai sostanziale, piuttosto che decidere affrettatamente e, soprattutto, bisogna essere certissimi di aver ben compreso quanto è scritto nella Loi, in particolare quando si parla di minimi garantiti che vengono spesso confusi con fissi garantiti. La differenza è notevole.

Aula Magni – Perché i cf non dovrebbero fare regali di Natale ai propri clienti

Per non sbagliare e per non trasmettere al cliente l’idea che vada premiato perché è nostro cliente, la cosa migliore è limitarsi a un gadget di modesto valore che parli di noi.

Dall’inizio del 2022 la rubrica di Marina Magni si arricchisce di uno spazio diretto di confronto con i lettori di Citywire. Scrivete le vostre domande o richieste di approfondimento sulla professione di consulente finanziario a redazione@citywire.it e riceverete, senza conflitti di interessi o logiche di scuderia, i consigli di chi ha svolto questo mestiere per decenni. La redazione di Citywire.

DOMANDA

Molti consulenti finanziaria hanno l’abitudine di fare per Natale omaggi ai propri clienti. È una buona idea?

RISPOSTA

Personalmente non sono molto d’accordo con questa usanza, perché, a mio avviso, dovrebbero essere i clienti a fare un omaggio al consulente come avviene per altri professionisti. Non conosco alcun commercialista, avvocato, medico che faccia un regalo ai propri clienti in occasione del Natale. Piuttosto ne ricevono. L’abitudine di fare un omaggio ai clienti deriva, probabilmente, da quanto succede in banca, o meglio succedeva. Era, infatti una consuetudine, prima che l’attenzione ai costi ne tarpasse le ali, ricevere dalla propria banca omaggi di differente pregio in relazione al patrimonio depositato, dal calendario, all’agenda, ai libri d’arte, alle stampe, ecc.. Oggi è tutto ridimensionato.

Ma torniamo al consulente. Perché dovrebbe essere lui a fare un omaggio al cliente e non viceversa? Conosco consulenti che ricevono regali dai loro clienti, sono quelli che hanno saputo trasferire l’immagine di professionista che si prende cura finanziariamente delle persone che gli affidano le proprie risorse per raggiungere gli obiettivi di vita.

Sarebbe bellissimo se a Natale ci fosse uno scambio di omaggi tra cliente e consulente come testimonianza di reciproca soddisfazione della relazione e non come obbligo.

Ma attenzione, ricevere un regalo da un cliente può essere pericoloso perché, come riportato su Citywire Italia nell’articolo di Marco De Villa “dal 22 luglio 2022 è entrata in vigore una significativa modifica al comma 6 dell’articolo 159 del Regolamento Intermediari, intitolato ‘Regole di presentazione e comportamento nei confronti dei clienti o dei potenziali clienti’”. Oltre al preesistente divieto per il cf di ricevere dal cliente o dal potenziale cliente alcuna forma di compenso, ovvero di finanziamento, è stato aggiunto il divieto “di accettare o concorrere nella determinazione in suo favore di benefici monetari o non monetari, attuali o futuri, sotto qualsiasi forma elargiti dal cliente o dal potenziale cliente”. Nella generalità di questa estensione della norma possono rientrare anche i regali di Natale!

Quindi per non sbagliare e per non trasmettere al cliente l’idea che vada premiato perché è nostro cliente, la cosa migliore è limitarsi a un gadget di modesto valore che parli di noi, ad esempio una penna con i nostri riferimenti, una bottiglia di vino con etichetta personalizzata, una chiavetta usb col nostro nome, ecc…, solo un piccolo pensiero in una bella confezione.

Aula Magni - Da bancario a consulente: come comunicare il passaggio ai parenti ed agli amici

Aula Magni – Da bancario a consulente: come comunicare il passaggio ai parenti ed agli amici

Marina Magni, project manager per Fabbrica delle Professioni (progetto “On boarding”) ed ex Am di Banca Widiba, è columnist di eccezione di Citywire. Ogni due settimane chiarirà gli aspetti più oscuri della professione del consulente finanziario.

Dall’inizio del 2022 la rubrica di Marina Magni si arricchisce di uno spazio diretto di confronto con i lettori di Citywire. Scrivete le vostre domande o richieste di approfondimento sulla professione di consulente finanziario a redazione@citywire.it e riceverete, senza conflitti di interessi o logiche di scuderia, i consigli di chi ha svolto questo mestiere per decenni. La redazione di Citywire.

DOMANDA

Sono un bancario fortemente intenzionato ad entrare in una rete di consulenza finanziaria. Da bancario non ho mai proposto ad amici e parenti di diventare clienti della banca dove lavoro, ma come consulente vorrei farlo però non so che reazione possano avere. Qual è il modo migliore per avvicinarli?

RISPOSTA

Certamente i parenti e gli amici fanno parte del mercato potenziale da integrare a quello dei clienti seguiti in banca. La differenza sostanziale è il livello di confidenza e di abitudini consolidate che rende la relazione, apparentemente più semplice, molto più complessa. Bisogna andare per gradi. La prima cosa da fare è comunicare con la giusta enfasi e motivazione la decisione del cambiamento argomentando quali sono gli elementi di crescita professionale insiti in questa scelta. La figura del consulente finanziario non è così nota come si potrebbe pensare e non bisogna dare per scontato che le persone che ci sono vicine ne conoscano le caratteristiche.

Il messaggio da veicolare è proprio il ruolo che si andrà a ricoprire sottolineando che occorrono requisiti di professionalità ed esperienza, che non è per tutti e che si è stati selezionati da una primaria azienda. Potrebbe essere una buona idea organizzare un piccolo evento per festeggiare l’inizio della nuova attività. Successivamente, dopo qualche settimana, va condivisa la soddisfazione per la scelta fatta e per i risultati che si stanno ottenendo proponendo un incontro per rappresentare i vantaggi che un cliente seguito da un consulente finanziario può trarre. Attenzione a non insistere se l’amico/parente tende a rinviare. In tal caso è opportuno lasciar passare altro tempo prima di riproporsi cogliendo l’occasione, quando capita, di fornire qualche informazione utile sugli scenari, sui mercati, sulle opportunità di investimento. E’ probabile che sarà lui stesso a chiedere un incontro.

Bisogna fare molta attenzione quando si realizzerà l’appuntamento a separare il ruolo di amico da quello di consulente, esattamente come farebbe un medico o un avvocato. In quel momento l’amico o parente è un cliente e come tale va trattato facendo una rilevazione delle esigenze esattamente come si fa con uno sconosciuto. Gli amici e i parenti non sono i clienti più facili da conquistare, ci vuole tempo e professionalità, in compenso molti clienti diventano amici.

Fondamentale è l’atteggiamento con cui ci si pone verso le persone conosciute, non bisogna pensare che ci facciano un piacere a diventare clienti. L’opportunità è la loro, per il consulente ci sono migliaia di potenziali clienti, ma avere per consulente un amico in cui si ripone fiducia è una rara occasione.

Aula Magni – Come valutare diverse offerte di lavoro dalle reti di cf

Marina Magni, project manager per Fabbrica delle Professioni (progetto “On boarding”) ed ex Am di Banca Widiba, è columnist di eccezione di Citywire. Ogni due settimane chiarirà gli aspetti più oscuri della professione del consulente finanziario.

Dall’inizio del 2022 la rubrica di Marina Magni si arricchisce di uno spazio diretto di confronto con i lettori di Citywire. Scrivete le vostre domande o richieste di approfondimento sulla professione di consulente finanziario a redazione@citywire.it e riceverete, senza conflitti di interessi o logiche di scuderia, i consigli di chi ha svolto questo mestiere per decenni. La redazione di Citywire

Domanda

Sono un bancario che sta decidendo di entrare in una rete di consulenza. Ho 4 proposte da valutare, ma non è facile capire quale sia la migliore, non riesco a decidere, che consiglio potete darmi?

Risposta

Il lettore ha fatto molto bene a valutare più aziende e spero che, oltre alle offerte economiche, abbia anche valutato i differenti modelli di servizio, il posizionamento strategico di ciascuna, la coerenza rispetto alle esigenze della propria clientela target, la presenza nella zona di riferimento, i supporti formativi e operativi, la struttura organizzativa.

Volendo soffermarsi solo sugli aspetti economici può essere utile un file Excel che riassuma le caratteristiche delle singole offerte e che contenga anche la redditività a regime perché bisogna sempre ricordare che la fase di ingaggio è momentanea ed è solo un supporto per l’avvio della nuova attività. È fondamentale sapere quale portafoglio sia necessario realizzare per garantirsi a regime un ritorno economico almeno equivalente all’attuale Ral maggiorata del 30% per non avere squilibri economici al termine della fase di ingaggio. Inoltre, nel confronto delle proposte va considerato che un maggiore incentivo iniziale di un’azienda potrebbe, nel tempo, essere recuperato in un’altra che offre meno incentivo, ma provvigioni a regime più elevate.

Da ultimo ricordo che è sempre importante sapere se gli incentivi sono legati a specifici prodotti.

Nell’esempio che segue i dati sono assolutamente casuali e di fantasia. Tengo a sottolineare che il file è stato realizzato da un bancario che ha fatto il percorso di On boarding e che ringrazio per averlo reso disponibile.

Aula Magni - Le visite in affiancamento, utilità e rischi

Aula Magni – Le visite in affiancamento, utilità e rischi

Marina Magni, project manager per Fabbrica delle Professioni (progetto “On boarding”) ed ex Am di Banca Widiba, è columnist di eccezione di Citywire. Ogni due settimane chiarirà gli aspetti più oscuri della professione del consulente finanziario.

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DOMANDA

Sono un bancario che sta per approdare in una rete di consulenza finanziaria. Il manager che mi segue mi sta fornendo  una serie di indicazioni su come affrontare l’incontro con i clienti. Tra queste propone, in fase di avvio, di fare le visite in affiancamento con lui per essere più efficace visto che ancora non ho grande dimestichezza con i servizi e le procedure. Temo però che la presenza di un altro collega possa mettermi in secondo piano e indebolirmi. E’sbagliata la mia percezione?

RISPOSTA

Certamente quando a parlare con il cliente ci sono due consulenti è molto difficile equilibrare gli interventi in modo da far emergere entrambi in maniera paritetica. E’ inevitabile che il cliente si senta maggiormente attratto da uno dei due, ciò significa che, comunque vada, non è vantaggioso. Se l’interlocutore principale nella conversazione è il consulente, il manager perde autorevolezza. Se è il manager, l’immagine professionale del consulente viene adombrata. Pur con queste considerazioni le visite in affiancamento hanno un grande valore soprattutto in termini formativi per il neofita.

L’alternativa che suggerisco è quella di simulare con il manager l’incontro in ufficio predisponendo il wording più adeguato allo specifico cliente con l’obiettivo, nel primo incontro da fare da solo, di illustrare il nuovo modello di servizio e i vantaggi che il cliente potrebbe avere senza entrare nel merito delle soluzioni operative. Il primo incontro deve avere come finalità principale quella di motivare il cliente a seguire il suo gestore nella nuova realtà per avere continuità di relazione e un servizio più personalizzato.

Nella visita il consulente proporrà un secondo incontro con il manager dando al cliente le motivazioni per cui vuole presentarlo. Ad esempio, consentirgli di conoscere il responsabile sul territorio che potrà illustrare più in profondità la società e i servizi. Questa possibilità va veicolata in maniera gratificante per il cliente, che dovrà apprezzare la disponibilità della nuova struttura nei suoi confronti. Anche questa seconda visita deve essere preparata a tavolino in modo che ciascuno abbia il proprio ruolo, il manager dovrà valorizzare il consulente e non toglierli spazio motivandone il nuovo ruolo e la soddisfazione dell’azienda per averlo inserito dopo averne constatato le competenze e la professionalità. Come rappresentante dell’azienda farà gli “onori di casa” illustrando i valori caratterizzanti il modello di consulenza offerto alla clientela. Sarà invece il consulente ad entrare nel merito dell’analisi della posizione del cliente, degli obiettivi e delle scelte più idonee per raggiungerli.

Una buona visita in affiancamento è frutto di una regia molto attenta, se è improvvisata si corre il rischio di confondere il cliente e farlo sentire a disagio perché in minoranza.

Aula Magni - Il consulente bussa sempre due volte

Aula Magni – Il consulente bussa sempre due volte

Marina Magni, project manager per Fabbrica delle Professioni (progetto “On boarding”) ed ex Am di Banca Widiba, è columnist di eccezione di Citywire. Ogni due settimane chiarirà gli aspetti più oscuri della professione del consulente finanziario.

Dall’inizio del 2022 la rubrica di Marina Magni si arricchisce di uno spazio diretto di confronto con i lettori di Citywire. Scrivete le vostre domande o richieste di approfondimento sulla professione di consulente finanziario a redazione@citywire.it e riceverete, senza conflitti di interessi o logiche di scuderia, i consigli di chi ha svolto questo mestiere per decenni. La redazione di Citywire

DOMANDA

sono un ex bancario passato da quasi un anno alla consulenza finanziaria. Sono soddisfatto dei risultati ottenuti in un momento di mercato non facile. Molti clienti mi hanno seguito ma altri in prima battuta mi hanno detto che non volevano cambiare. Come posso ricontattarli in modo efficace?

RISPOSTA

Complimenti per i risultati raggiunti in un mercato così complesso, non solo per la volatilità, ma anche per il contesto generale che porta incertezza e demotivazione sul futuro. In questi mesi anche i clienti che non l’hanno seguita in prima battuta stanno vivendo lo stesso scenario e le loro insicurezze saranno probabilmente aumentate. Per ricontattarli le suggerisco due strategie.

Strategia generalista: fare leva sulla complessità del contesto attuale

  • Chiamare il cliente con cordialità informandosi su come stia affrontando il contesto attuale, accogliendo le sue considerazioni e ricordandogli che, con il cambio di ruolo del quale è molto soddisfatto, è in grado di dare un maggiore supporto per rivedere o rivalutare le scelte finanziarie.
  • Proporre un incontro per confrontarsi sulle prospettive e fornire un punto di vista sugli scenari a breve e medio termine.
  • Far presente che in questo incontro il cliente potrà comprendere concretamente la differenza di approccio ed il valore aggiunto che un consulente può dare

Strategia mirata: far leva su un possibile bisogno finanziario del cliente

  • Chiamare il cliente ricordandogli che ha cambiato ruolo da alcuni mesi e che è molto soddisfatto
  • Proporre un incontro finalizzato a presentare un’opportunità che si ritiene possa essere interessante per lui (liquidità remunerata, investimento a capitale garantito, fondo pensione, mutuo,….)
  • Far presente che in occasione dell’incontro fornirà anche un punto di vista sugli scenari e sulle prospettive che, grazie agli incontri e/o ai report dei gestori a cui accede come consulente, è in grado di rappresentare.

In entrambi i casi è importante trasmettere soddisfazione per quanto sta facendo, mostrare sincero interesse per le preoccupazioni del cliente e dare positività. Viviamo in un contesto che ci riempie solo di notizie negative e non riusciamo più a parlare serenamente di futuro. Il valore aggiunto di un consulente è anche questo, rifocalizzare le persone sul futuro e sulla progettazione di obiettivi di vita personale e famigliare.

Consulente

Consulenza, ecco perché molti bancari non ce la fanno

Articolo a cura di Marina Magni – project manager per Fabbrica delle Professioni, coach per l’orientamento alla professione di consulente finanziario.

Rispetto al numero di manager, società di head hunting, assistenti che a vario titolo propongono incontri di recruiting, dedicati all’ingaggio di nuovi colleghi di provenienza bancaria, i risultati sono adeguati? Assolutamente no. Il sistema inserisce meno di una risorsa a testa per reclutatore. Eppure tra i bancari c’è tanto fermento e demotivazione.

Ho compreso perché e volentieri condivido queste considerazioni per aiutare molti ex colleghi ad ottenere risultati migliori e altrettanti bancari a scegliere la professione.

Dopo 38 anni di attività manageriale nelle più importanti reti di consulenza finanziaria, ho iniziato da un anno e mezzo un nuovo progetto che si chiama On boarding dedicato a bancari che intendono valutare la professione. E’ un percorso di consapevolezza sulle caratteristiche dell’attività che non entra nel merito delle caratteristiche delle società mandanti.

A me si rivolgono bancari che spesso hanno fatto già colloqui in più di una società e, nonostante ciò, non hanno compreso alcuni aspetti fondamentali del lavoro del consulente. I dubbi che manifestano più frequentemente sono:

  • Non è chiaro il meccanismo provvigionale, il management fee e la redditività del portafoglio
  • Non sono in grado di comprendere come fare una corretta valutazione del loro mercato potenziale
  • Non hanno idea delle indennità di fine mandato e dei versamenti contributivi pregressi e futuri
  • Pensano di dover fare lo stesso lavoro che facevano in banca ma a reddito variabile
  • Non sono in grado di descrivere il modello di servizio offerto dal consulente
  • Sono spaventati dalle proposte economiche
  • Confondono gli obiettivi necessari al mantenimento dei minimi garantiti con quelli necessari per avere a regime una adeguata redditività
  • Temono la libertà organizzativa perché sono abituati ad avere compiti assegnati
  • Si sentono “pressati” a prendere una decisione dopo pochi colloqui
  • Sono spinti a decidere sulla base della proposta economica di ingaggio e confrontano le offerte piuttosto che le caratteristiche delle aziende
  • Sono confusi dal fatto che tutti si dichiarino i migliori e non comprendono il posizionamento strategico delle singole aziende
  • Non sono consapevoli delle loro attitudini a svolgere la professione

Da questo emerge che probabilmente i colloqui non sono sempre gestiti a misura di neofita e si danno per scontati alcuni passaggi fondamentali.

I consigli che posso dare per migliorare l’iter di ingaggio si possono riassumere in alcune semplici “regole”

  • Prima di fare qualsiasi proposta economica e di rappresentare l’azienda è bene far comprendere il ruolo del consulente finanziario e il valore aggiunto che dà ai clienti. Deve nascere un sogno professionale in grado di motivare un cambio di vita e un prezzo da pagare per realizzarlo che si sostanzia nell’abbandonare la propria zona di confort.
  • Descrivere, in maniera comprensibile ad un neofita, i meccanismi retributivi a regime, gli aspetti previdenziali, le indennità di fine mandato affinchè comprenda le nuove sicurezze e tutele che avrebbe come consulente
  • Illustrare i supporti e l’affiancamento sui quali potrebbe contare
  • Aiutarlo a definire il mercato potenziale su cui agire che non è fatto solo dai suoi attuali clienti ma anche da tutte le conoscenze e relazioni che ha sviluppato e dalle attività economiche, commerciali, professionali che insistono nella sua zona operativa

Solo dopo aver fatto questi passaggi ed aver compreso la motivazione al cambiamento di status si può parlare delle caratteristiche dell’azienda e dell’offerta di prodotti e servizi. La proposta economica dovrebbe essere l’ultimo atto che sugella la possibilità di realizzare il sogno professionale senza il quale le persone non cambiano la propria vita.

L’abilità di un reclutatore è quella di capire la persona, interessarsi sinceramente alla sua vita, comprendere le motivazioni profonde che lo hanno portato all’incontro, suscitare emozioni positive e fare in modo che dal bozzolo esca la farfalla che è in lui/lei. Sempre che ci sia!

Articolo pubblicato su bluerating scritto da Marina Magni.

Marina Magni

Aula Magni – Aprire un ufficio di consulenza in team

Marina Magni, project manager per Fabbrica delle Professioni (progetto “On boarding”) ed ex Am di Banca Widiba, è columnist di eccezione di Citywire. Ogni due settimane chiarirà gli aspetti più oscuri della professione del consulente finanziario.

Dall’inizio del 2022 la rubrica di Marina Magni si arricchisce di uno spazio diretto di confronto con i lettori di Citywire. Scrivete le vostre domande o richieste di approfondimento sulla professione di consulente finanziario a redazione@citywire.it e riceverete, senza conflitti di interessi o logiche di scuderia, i consigli di chi ha svolto questo mestiere per decenni. La redazione di Citywire

DOMANDA

Siamo due colleghi dipendenti bancari interessati entrambi ad entrare nella stessa rete di consulenza. Nel nostro comune non c’è una sede della Società ed abbiamo ottenuto di aprire un ufficio con un contributo della mandante.

Ci stiamo ponendo il problema di come gestire i costi in modo che nessuno sia penalizzato, quale soluzione ci suggerite?

RISPOSTA

Capita spesso che i consulenti finanziari uniscano le loro forze condividendo un ufficio ed i relativi costi ripartendoli su ciascuno.

Per semplicità avviene che uno dei consulenti stipuli i contratti, riceva le fatture, operi i pagamenti e ripartisca pro quota il costo sostenuto.

Tale modalità dà luogo al fenomeno dell’Iva sull’Iva in quanto il consulente che ha in carico la gestione riceve fatture con addebito dell’Iva che non può detrarre e quindi riaddebiterà il costo sostenuto incrementato dell’Iva che di fatto diventa una maggiorazione di costo.

L’esempio chiarisce meglio

  • Spesa sostenuta: 100 costo +22 iva
  • Iva detraibile:  0
  • Spesa da riaddebitare: 122
  • Riaddebito finale: 122+26,84 iva
  • Costo per il consulente: 148,84

Una soluzione per evitare questa maggiorazione di costi è l’utilizzo di un consorzio tra consulenti finanziari. Il consorzio si sostituisce ai consulenti e agisce per loro conto acquistando beni e servizi e successivamente provvede a riaddebitare il costo ai consulenti consorziati. Sui riaddebiti per i consorziati c’è l’esenzione dall’ Iva.

Nel seguente schema la nuova situazione

  • Spesa sostenuta: 100 costo +22 iva
  • Iva detraibile: 0
  • Spesa da riaddebitare: 122
  • Riaddebito finale (Iva esente): 122
  • Costo per il consulente: 122

Suggeriamo pertanto al lettore di valutare la possibilità di consorziarsi con il collega.

Per chi volesse maggiori dettagli sul nuovo percorso di formazione “On Boarding” di Fabbrica delle Professionisti (FDP) ecco il link alla videointervista sul progetto.

Marina Magni

Aula Magni – Il cliente non ti segue nella nuova rete? Serve formazione e il piano B

Marina Magni, project manager per Fabbrica delle Professioni (progetto “On boarding”) ed ex Am di Banca Widiba, è columnist di eccezione di Citywire. Ogni due settimane chiarirà gli aspetti più oscuri della professione del consulente finanziario.

Dall’inizio del 2022 la rubrica di Marina Magni si arricchisce di uno spazio diretto di confronto con i lettori di Citywire. Scrivete le vostre domande o richieste di approfondimento sulla professione di consulente finanziario a redazione@citywire.it e riceverete, senza conflitti di interessi o logiche di scuderia, i consigli di chi ha svolto questo mestiere per decenni. La redazione di Citywire

DOMANDA

Sono un ex bancario, ricoprivo il ruolo di gestore family, da quasi un anno sono approdato in una primaria rete di consulenza finanziaria allettato da una proposta economica che mi sta garantendo un fisso parecchio più alto della mia RAL a fronte di obiettivi che sto raggiungendo ma sono deluso e scoraggiato perché molti dei clienti che ho contattato non sono disposti a seguirmi e non capisco dove sto sbagliando.

Nella nuova azienda mi dicono che sono bravo e che devo essere fiducioso e aumentare il numero di contatti ma non è facile. Avete suggerimenti da darmi?

RISPOSTA

La situazione del lettore, a cui daremo alcuni suggerimenti per recuperare, non è isolata, purtroppo capita quando a monte non si presta abbastanza attenzione ad alcuni elementi:

  • Bisogna distinguere molto bene gli obiettivi finalizzati al supporto offerto nel trasferimento da quelli necessari a creare un portafoglio che, a regime, consenta di stabilizzare il reddito sui livelli desiderati. Di norma, infatti, le proposte economiche sono costruite su obiettivi facilmente raggiungibili proprio per dare sicurezza al neo consulente e formulate, in maniera molto prudenziale, in base al portafoglio potenziale dichiarato. Rispettare quegli obiettivi garantisce la serenità economica ma non quella reddituale a scadenza. Ad esempio se l’obiettivo richiesto a fine periodo è di 8 milioni è importante verificare se quel portafoglio sia sufficiente per averne una redditività adeguata. Come? Informandosi sul dato medio dell’azienda nella quale si sta approdando. L’obiettivo col quale ci si deve confrontare è spesso diverso, invece degli 8 milioni potrebbe essere necessario arrivare a 12 e, fin da subito, occorre lavorare per questo.
  • Ci sono moltissime ragioni per cui un cliente non è disposto a seguire il gestore bancario ma la più forte è la mancanza di una relazione personale e professionale ritenuta così motivante da cambiare banca. Non è facile saperlo a priori ed è per questo che ci si può trovare nella situazione del lettore. Come rimediare? Anche qui vale la buona regola della diversificazione. Il mercato non è fatto solo dai clienti della banca da cui si esce ma da tutti coloro che si possono raggiungere con un approccio professionale. Entrando in contatto con un pubblico diverso ho il vantaggio di non essere condizionato da una relazione pregressa che, se non è totalmente positiva, costringe ad un faticoso recupero che non sempre riesce. Inoltre il no di un già cliente è decisamente più frustrante e il sì di un nuovo cliente è molto più gratificante.
  • Il piano B, cioè la mappatura di un mercato diverso dai clienti della banca, va predisposto sempre e al più presto ed è questo ciò che deve fare il lettore oltre che capire se la modalità con cui si approccia agli ex clienti sia quella giusta. Ai clienti non va chiesto di cambiare banca ma modello di servizio e bisogna sapere illustrare molto bene le differenze e i vantaggi che può averne. Come? Preparandosi, simulando, registrandosi, chiedendo ad una persona amica di dare un feedback se ha ben compreso ciò che è stato illustrato. Solo dopo si va in scena.

Per chi volesse maggiori dettagli sul nuovo percorso di formazione “On Boarding” di Fabbrica delle Professionisti (FDP) ecco il link alla videointervista sul progetto.

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